Nasce “Pillole di Advocacy”: 3 idee per educarci alla gender equality
A cura di Veronica Buonocore
Bentrovate e Buon 2021!
Inauguriamo l’anno con un nuovo appuntamento della nostra rubrica “Un Caffè e un Libro” che ci terrà compagnia da qui ai prossimi mesi. Abbiamo infatti pensato di aprire una finestra sul mondo dell’Advocacy attraverso alcune “pillole”, data l’importanza di approfondire ulteriormente le tematiche di empowerment e gender equality care a Young Women Network, in modo da renderci più consapevoli nell’educazione alla parità.
In ogni puntata di “Pillole di Advocacy”, vi consiglieremo 3 idee di approfondimento:
1. I Grandi Classici: classici della letteratura femminista, da aggiungere immediatamente alla vostra libreria;
2. Femminismi Contemporanei: pillole di lettura contemporanea;
3. Media Corner: (preparate i pop corn…) film, serie tv, podcast o TedTalk che raccontano storie di donne tenaci e straordinarie, role model e fonti di ispirazione per tutte noi.
Che il viaggio abbia inizio!
I Grandi Classici: Memorie d’una Ragazza Perbene – Simone de Beauvoir
Se dovessero in un sondaggio chiedere alle donne di diverse generazioni quale icona femminista le abbia maggiormente ispirate, una nutrita percentuale sicuramente risponderebbe “Simone de Beauvoir”.
Simone pioniera dell’emancipazione, controcorrente, coraggiosa.
Tanto si è detto e si continua a scrivere su di lei.
Ma nel libro che vi consigliamo oggi andiamo alla scoperta di una Simone diversa, bambina e adolescente irrequieta, e della nascita della sua coscienza critica.
Sin dall’incipit, appare lampante come Simone de Beauvoir già dalla tenera età fosse un’anima decisamente fuori dal comune e desiderasse più di ogni altra cosa essere libera, come era solita affermare:
“Una donna libera è il contrario di una donna leggera”
Pagina dopo pagina, accompagniamo Simone lungo il viaggio psicologico alla scoperta e conquista di se stessa, dallo scontro con la famiglia e la società parigina borghese e conservatrice, al rifiuto di sottomettersi alla “dittatura” del matrimonio per potersi dedicare allo studio della filosofia, fino all’incontro con il compagno di vita e di pensiero, Jean-Paul Sartre.
L’aspetto più interessante del racconto è che si snoda come un percorso di scoperta del proprio sentire e sentirsi vivi in quanto esseri umani, ma soprattutto della consapevolezza di essere donna, e dunque di appartenere a quella metà del mondo che non aveva mai deciso le regole del gioco.
E proprio le pagine in cui Simone con profonda schiettezza e mirabile capacità d’introspezione analizza se stessa, senza risparmiare sagaci dosi di autocritica al sesso femminile, sono quelle che colpiscono il cuore e che ci fanno riflettere, perché tutte noi abbiamo sperimentato quell’attimo in cui improvvisamente abbiamo realizzato di essere donne, e per questo ci siamo sentite inadeguate o non all’altezza (tema che abbiamo trattato all’interno del blog con Corinna De Cesare lo scorso febbraio).
Ostacoli dai quali Simone non si è lasciata piegare, ma che anzi ha affrontato con caparbietà e senza compromessi, reclamando a gran voce la necessità per le donne di trovare il proprio spazio autonomo e distinto rispetto al punto di vista maschile, da secoli considerato il paradigma universale di pensiero, e riuscendo così a scavare un solco che spetta a tutte noi giovani donne continuare a tracciare nella lotta contro preconcetti e differenze di genere.
Decisamente consigliato a tutte le appassionate di autobiografie celebri e a coloro che desiderano scoprire il lato intimo e personale della madre di tutti i femminismi.
Titolo: Memorie d’una Ragazza Perbene
Autrice: Simone de Beauvoir
Editore: Einaudi
Anno di edizione: 2014
Femminismi Contemporanei: Invisibili – Caroline Criado Perez
Consiglio alle lettrici: nell’approcciare questo libro, siate certe di trovarvi in uno stato d’animo quanto più possibile sereno, perché pagina dopo pagina sentirete salire un senso di rabbia e persino disgusto per tutto quello di cui siamo state e continuiamo ad essere depredate.
E allora, vi chiederete, perché dovremmo leggere questo saggio?
Risposta semplice: perché è necessario per comprendere. Perché è fondamentale essere consapevoli di quanto il mondo che ci circonda sia stato pensato e costruito a immagine e somiglianza dell’uomo, inteso come essere maschile, sin dalla notte dei tempi.
Basti pensare a come la prevalenza assoluta del maschile sia radicata in un elemento fondamentale della società umana come il linguaggio.
Risulta infatti oltremodo evidente come la stessa parola “uomo” sovente sia utilizzata in maniera ambigua, come sinonimo di maschio, oppure l’uso dei sostantivi maschili senza connotazione di genere sia perennemente volto a escludere le donne (ragione per cui dovremmo cominciare noi per prime a definire la nostra professionalità servendoci di vocaboli declinati al femminile, non trattandosi di mera pignoleria ma di autoaffermazione).
Partendo proprio dall’assunto di Simone de Beauvoir – espressamente citata come punto di partenza della propria ricerca – secondo cui l’umanità è stata concepita dal punto di vista maschile e le donne sono sempre state viste come “l’Altro” ed escluse dalla società, l’autrice raccoglie e analizza una mole di dati impressionante che spaziano dalla scienza all’archeologia, dall’arte in tutte le sue sfaccettature alla storia, sino ad arrivare al mondo del lavoro e agli episodi di vita quotidiana (dopo aver letto il libro non guarderete più una toilette pubblica con gli stessi occhi!), proprio per dimostrarci come la preferenza per il maschile rappresenti allo stesso tempo causa ed effetto dell’assenza di dati per il genere femminile, il cosiddetto Gender data gap.
Principio cardine dell’analisi della Criado Perez, infatti, è che la storia dell’umanità sia stata tramandata in maniera non oggettiva e ingannevole, assumendo come paradigma di pensiero universale quello maschile e, di conseguenza, tralasciando i dati rappresentativi di oltre metà del genere umano, o comunque non disaggregandoli da quelli maschili, creando in questo modo un vuoto informativo foriero di discriminazioni proprio in ragione del fatto che le esigenze e necessità femminili non sono state e non vengono tuttora tenute adeguatamente in considerazione, non rappresentando l’universalità, ma un pensiero di nicchia.
La presunzione che ciò che è maschile sia universale è quindi al contempo una causa del vuoto di dati di genere e una sua diretta conseguenza, con il drammatico risultato di confinare le donne a minoranza destinata a essere dimenticata e, in ultima analisi, invisibile.
Nel prossimo mese, avremo modo di approfondire ulteriormente il libro, per cui #staytuned.
Nel frattempo, iniziate a leggerlo e a diffondere il verbo perché abbiamo un disperato bisogno di tornare a essere visibili!
Titolo: Invisibili
Autrice: Caroline Criado Perez
Editore: Einaudi
Anno di edizione: 2020
Media Corner: TedTalk – Tutti Dovremmo Essere Femministi – Chimamanda Ngozi Adichie
Se siete in cerca di consapevolezza e di una scarica di empowerment, non potete perdervi questo speech del 2012, divenuto uno dei TedTalk più visti di sempre (oltre 4.500.000 visualizzazioni) e un classico, che ha contribuito alla resurrezione del dibattito femminista. Lo speech è stato pubblicato interamente da Einaudi – un libricino da avere sempre con sé.
Ispirazione per il mondo della moda, da quando Maria Grazia Chiuri ne ha trasposto il titolo su una t-shirt marchiata Dior e divenuta oggetto di culto.
Inno pop dei movimenti femministi di tutto il pianeta, campionato da Beyoncé all’interno di un suo brano e momento centrale della storica performance della regina del pop al Coachella nel 2018.
A riprova dell’influenza e dell’importanza di questo discorso, si pensi che in Svezia, nel 2015, si è deciso di distribuirne gratuitamente una copia a tutti gli studenti del penultimo anno di scuole superiori, come regalo per le generazioni future.
Ma come si spiega questo straordinario successo?
Beh, innanzitutto la Ngozi Adichie ci regala una delle definizioni più cristalline ed azzeccate di cosa significhi la parola “femminista”, perfetta da rifilare a tutti i nostri amici, compagni, padri o persino (ahimè!) donne che si vergognano a definirsi femministi, pensando erroneamente che femminismo sia il contrario di maschilismo o, ancor peggio, il pensiero comune a una congrega di donne unite da un disprezzo nei confronti del genere maschile.
Insomma, un termine che richiama alla mente sensazioni negative, come sottolinea la stessa Chimamanda.
E invece no.
“Feminist: a person who believes in the social, political and economic equality of the sexes”
Femminismo è semplicemente una pretesa di giustizia e di giocare ad armi pari con l’altro sesso, di essere considerate in tutto e per tutto allo stesso modo.
Partendo da questo assunto fondamentale e raccontandoci alcuni semplici episodi di vita quotidiana vissuti in prima persona, l’attivista nigeriana nel suo Talk scalpella uno a uno i capisaldi dei pregiudizi che tutt’oggi animano il dibattito sulle questioni di genere, demolendoli con un pizzico di ironia.
A partire dagli uomini istruiti e progressisti che, nonostante un’apparente e rivendicata apertura mentale, sono purtroppo così ciechi e rinchiusi nel loro piccolo orticello da non rendersi conto che le discriminazioni di genere pervadono tuttora in maniera penetrante la società, e che non si tratta di un problema ormai superato e di cui non abbia più senso discutere. E in questo modo, pur avendo in astratto le potenzialità per smantellare questi preconcetti, non riuscendoli a riconoscere e anzi negando che esistano, divengono essi stessi parte del problema.
Si affronta poi l’annosa questione dell’assenza di figure femminili tra le cariche prestigiose e di potere, nonostante le donne rappresentino più della metà della popolazione mondiale e le qualità necessarie per essere un leader non si basino più solamente sulla prestanza fisica (tendenzialmente appannaggio del sesso maschile), ma su caratteristiche quali la creatività e l’intelligenza, la competenza e la leadership, presenti in maschi e femmine.
Con ostinata leggerezza, ci vengono altresì raccontati alcuni episodi all’apparenza insignificanti, ma tali da provocare comunque sconforto nell’animo femminile, ad esempio quando il cameriere al ristorante si rivolge esclusivamente all’uomo e mai alla donna che siede accanto a lui, facendola sentire invisibile e ignorata, come se fosse un accessorio a complemento del maschio.
E allora ecco che l’ironia del discorso lascia spazio a un impeto di rabbia, di denuncia dell’ingiustizia che viene quotidianamente perpetrata e che dovrebbe essere combattuta da tutta l’umanità insieme per costruire una società più equa a beneficio di tutti, donne e uomini.
E la ricetta per cominciare, non solo a sognare, ma a progettare questo mondo, ce la fornisce la stessa Ngozi Adichie:
1. Crescere in maniera diversa non solo le nostre figlie ma soprattutto i nostri figli, educandoli a un concetto diverso di mascolinità, che non consideri le paure e debolezze sentimenti da reprimere e di cui vergognarsi, ma che li aiuti ad abbracciare le loro vulnerabilità come parte del proprio essere umani, in modo da renderli meno fragili.
2. Incoraggiare le ragazze a inseguire le proprie ambizioni incondizionatamente, senza cedere a compromessi o avere paura di intimidire gli uomini, e soprattutto a essere le sole artefici del proprio destino, liberandosi dalle costrizioni sociali (prima fra tutte quella del matrimonio, che la società rappresenta come massima aspirazione per le ragazze, ma non per i ragazzi).
3. Insegnare alle ragazze a non vergognarsi di se stesse e dei propri desideri e istinti, anche sessuali, in modo da vivere la propria affettività in maniera libera e consapevole proprio come è garantito agli uomini, senza fingere di essere diverse.
4. Imparare a riconoscere e valorizzare nei bambini le abilità e gli interessi, a prescindere dal genere, in modo da sradicare alla radice i preconcetti e le aspettative di genere edificati dalla società, “che ci ordina come dovremmo essere invece di riconoscere come siamo effettivamente”.
5. Smettere di identificare lo standard maschile come quello predefinito e rivendicare con orgoglio la nostra femminilità, senza timore di apparire meno autorevoli.
Può sembrare difficile assemblare questi ingredienti, così complessi.
Ma il primo passo è in realtà semplice, si tratta di una presa di coscienza.
Solamente diventando consapevoli che le discriminazioni di genere esistono e rappresentano un problema, possiamo imparare a riconoscerle e ad agire concretamente per cambiare la cultura e la società intorno a noi.
Un piccolo ma significativo e costante passo alla volta.
Fonti:
https://www.ted.com/talks/chimamanda_ngozi_adichie_we_should_all_be_feminists?language=it