Fin dalla notte dei tempi la storia dell’umanità è stata indagata e raccontata da un’angolazione distopica. Un meccanismo sottile, che ha plasmato silenziosamente la nostra percezione del mondo come una realtà popolata soprattutto dal genere maschile e innescando la tragica conseguenza di una società costruita a immagine e somiglianza degli uomini.
A testimoniare il disequilibrio sociale tra il genere maschile e femminile entrano in soccorso i dati, o meglio l’ingiustificata assenza dei dati di genere femminile in tutti i campi e scienze della vita. L’umanità soffre di un silenzio onnipresente e necessita urgentemente di colmare il vuoto dei dati di genere, affinché metà della sua popolazione non venga sistematicamente ignorata.
Invisibili, opera magistrale di Caroline Criado Perez, è una storia di assenze e di esclusioni che punta i riflettori sulla cecità della nostra società. Un’indagine senza precedenti, la cui chiave di lettura scoperchia un vaso di pandora nascosto dal pregiudizio pervasivo.
Copertina
Dalle ricerche condotte dall’autrice, gli aspetti della vita femminile secolarmente ignorati si suddividono principalmente in tre tematiche ricorrenti: il corpo femminile, il carico di lavoro non retribuito e la violenza maschile. Elementi ignorati e allo stesso tempo stigmatizzati, che minano la quotidianità di ogni donna; dalle cure sanitarie all’avanzamento di carriera, dal riconoscimento accademico alla possibilità di affermarsi come identità. Nel raccontare la disuguaglianza, Caroline Criado Perez evidenzia, dati alla mano, come la mancata conoscenza del corpo femminile comporti una disuguaglianza di genere poco conosciuta ai lettori; perché se non vivi in un corpo femminile non potrai comprendere le sue sfumature e costruire una società i cui servizi sono progettati anche a misura delle sue necessità. Qualche esempio?
Alzi la mano chi, almeno una volta nella vita ha trovato difficoltà nell’impugnare il cellulare con una mano sola. Negli ultimi anni la dimensione media di uno smartphone è di cinque pollici e mezzo, perfettamente in linea con una mano maschile e quasi delle stessa dimensione di una mano femminile, chi avrà difficoltà a sfoderare una stabile impugnatura? Non se la passa bene nemmeno il pianoforte, progettato sulla dimensione media di una mano maschile di ventidue centimetri, la cui variante di modello pensato per agevolare le mani più piccine viene vista di mal occhio. Eppure è stato inventato da un uomo, il pianista Christopher Donison.
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Il blackout sulla mancata raccolta dei dati di genere femminile scuote anche le scienza della vita, e trova eco sia nei programmi delle facoltà di medicina sia nelle ricerche scientifiche. Il corpo femminile è meno conosciuto e studiato, con la conseguenza diretta di una minor partecipazione femminile nelle fasi di test e monitoraggio di nuove medicine. Le prime ricerche sulle patologie cardiovascolari sono state condotte prevalentemente su soggetti maschili. Il dato tarda a migliorare, dal 1987 al 2021 i trentuno test più rilevanti nel campo delle malattie cardiovascolari hanno visto la sola partecipazione del 25% di campioni femminili. Risulta evidente come una campionatura non rappresentativa dell’eterogeneità umana, il mancato studio del corpo femminile e la scarsa partecipazione delle donne in tutte le fasi procedurali, diminuisca la possibilità di analizzare e prevenire le malattie. Non da ultimo, questi fattori incidono drasticamente anche sulla formulazione dei farmaci, il cui effetto avrà risvolti diversi secondo il genere di riferimento che ne farà uso.
La lista degli esempi riportati è ancora lunga, anche la prevenzione e sicurezza sui luoghi di lavoro soffre per la mancata rappresentazione dei dati di genere. Per decenni alcune tipologie di lavoro sono state appannaggio degli uomini, determinando tra le conseguenze anche la scarsa rilevazione dei dati di genere femminile sulla sicurezza e sulla tragedia delle morti bianche. I dati fino ad oggi raccolti sono prelevati da una popolazione di riferimento prettamente maschile, che mal rappresenta l’eterogeneità della forza lavoro odierna.
Raccogliere e analizzare dati significa riuscire a prevenire infortuni e incidenti evitabili, come quelli dovuti al contatto e inalazione di sostanze chimiche. Uomini e donne hanno infatti sistemi immunitari ed endocrini diversi che possono influenzare la modalità di assorbimento degli agenti chimici. Inoltre le donne hanno un fisico tendenzialmente più minuto e una pelle più sottile che faciliterebbe l’assorbimento e circolazione delle sostanze tossiche; eppure il campione di riferimento è la famosa regola “se va bene per i maschi, va bene per tutti”. Stessa tragica sorte anche per le divise e uniformi, ricalcate sulla struttura corporea maschile. Capofila degli equipaggiamenti da prendere in esame sono i Tactile Situation Awareness System, speciali giubbotti dotati di trentadue sensori vibranti che sorvegliano il pilota durante le manovre di volo. Vibrazione utilizzata come mezzo per prevenire eventuali errori umani e che, come specificato da documento tecnico, “meglio percepiti sui tratti di epidermide più prossimi allo scheletro e ricoperti di peli, mentre è più difficile da avvertire nelle aree soffici e carnose”, in altre parole un pericolo per l’incolumità di corpi diversi dallo standard maschile. Siamo ancora sicuri che il corpo umano, inteso come individuo maschile, possa rappresentare entrambe le necessità fisiologiche dei due corpi?
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Potrebbe suonare eccessivo, eppure la mancanza di raccolta dei dati di genere incide sul corpo tanto quanto sull’urbanizzazione delle nostre città e i risvolti di sicurezza sociale ad esso connessi. Un capitolo più di tutti lascerà un incolmabile senso di ingiustizia, quello dedicato all’annosa questione dei bagni pubblici. Forse, un pò per gioco e un pò per scherno, tutti avranno pensato almeno una volta nella vita “perché le ragazze chiedono all’amica di accompagnarle in bagno?”. Una domanda irrisoria che, dopo la lettura del capitolo, difficilmente resterà incompresa. Una ferita aperta per l’India, dove il settanta per cento della popolazione non dispone di un bagno domestico; un problema che grava sulle donne, perché “non potendola fare dove capita” sono costrette a recarsi presso il più vicino bagno pubblico, teatri di violenze inenarrabili.
Non solo bagni pubblici, anche i mezzi di trasporto sono luogo di molestie e insicurezza. Nel 2016 un articolo sul quotidiano The Guardian lanciava un appello per “la progettazione di città a misura non solo di uomo”, lamentando la scarsa disponibilità di banche dati che ostacolano “lo sviluppo di programmi infrastrutturali sensibili alle esigenze delle donne”. Nello stesso anno in cui il The Guardian lancia questo appello, una ricerca francese dichiarava come il novanta percento delle cittadine francesi avesse subito molestie sessuali sui mezzi di trasporto.
Illustrazione di Evald Hansen, pubblicata nel 1889 e basata sulla disposizione originale del sepolcro così come la trovò l’addetto allo scavo Hjalmar Stolpe.
Fonte: nationalgeographic.it
Uno scenario sconfortante e sotterraneo, eppure a causare un silenzio assordante non è solo la mancata raccolta dei dati di genere femminile. Il paradosso è dovuto soprattutto anche alla mancata separazione degli stessi dai dati di genere maschile, che confluiscono nella consolidata categorizzazione “al maschile-ove-non-altrimenti-indicato”. L’opera è ricca di esempi, come il caso del Guerriero di Birka, le cui spoglie sono state per secoli ricondotte alla gloria di un combattente uomo. Distorsione distopica causata dalla ricca sepoltura della salma corredata da armi e due destrieri sacrificali, un rito antico appartenuto alle stirpi di guerrieri. E proprio l’uso del sostantivo maschile guerriero – senza connotazioni di genere – ha ingannato la percezione degli storici, mostrando quanto gli schemi mentali siano fortemente radicati anche in uno degli elementi fondamentali della nostra società, ovvero il linguaggio. La storia, come oggi la conosciamo, è un’evoluzione di sterili inganni orchestrati dal collettivo non specificato “essere umano”, che assume la forma del “singolare maschile predefinito”.
Frances Bilas e Betty Jean Jennings al pannello di controllo dell’ENIAC,
Electronic Numerical Integrator And Computer.
Fonte: computerhistory.org
All’interno dell’opera, Caroline Criado Perez non manca di citare esempi virtuosi e incoraggianti, come il caso del primo computer digitale. Correva l’anno 1946 e sei giovani donne unirono talento e ingegno per programmare ENIAC, Electronic Numerical Integrator And Computer. Coraggiose pioniere che, senza manuali e insegnanti, diedero un’anima al primo computer. Nel 1997 le sei programmatrici furono inserite nella Women in Technology Hall of Fame, dove attendono pazientemente la compagnia di altri talenti della tecnologia al femminile. Perché, sebbene la programmazione fosse considerata una disciplina femminile, con il passare dei decenni passò sotto l’ala protettrice dell’universo maschile. Com’è stato possibile? Questa e molto storie d’inchiesta tra le pagine di Invisibili.
A cura di Eleonora Brignoli
Titolo: Invisibili. Come il nostro mondo ignora le donne in ogni campo. Dati alla mano.
Autore: Caroline Criado Perez
Editore: Einaudi
Anno edizione: 2020