A cura di Veronica Buonocore
A me le storie sono sempre piaciute, ho sempre avuto la curiosità di scoprirne gli intrecci di trama più che i finali, le evoluzioni dei personaggi, se riuscivo a ritrovare qualcosa di me in loro. E se la storia di qualcun* aveva la magia di ispirarmi, tanto meglio.
Oggi i/le protagonist* di quelle storie si chiamano role model, e il loro esempio ispiratore ci aiuta a mostrarci chi potremmo diventare, a darci motivazione o a superare una crisi, o semplicemente a non avere paura di essere noi stess*. Ma senza dubbio svolgono un compito fondamentale perché ascoltare la testimonianza di chi ha già raggiunto un traguardo è il modo migliore per incoraggiarci a intraprendere il cammino, a sfidare lo status quo e i preconcetti che ci vogliono intrappolare nelle gabbie dei consueti stereotipi.
Il termine role model è stato coniato dal sociologo Robert K. Merton, il quale ha ipotizzato per la prima volta che ognuno di noi si confronta con persone che esprimono il ruolo sociale a cui ognuno si ispira, e che i modelli di ruolo possono avere un impatto fondamentale sulla vita professionale e personale di ogni persona.
Le storie di coloro che hanno raggiunto traguardi significativi sono un balsamo, curano le nostre ferite e ci salvano dalla banalità quotidiana, ci ricordano che un altro mondo più equo e più simile a quello che immaginiamo è realmente possibile, danno concretezza alla speranza di un’umanità migliore.
Tutt* noi abbiamo vissuto questa magia, una vera e propria onda di luce nel buio del 2020, ammirando l’elezione di Kamala Harris a vicepresidentessa degli Stati Uniti e ascoltando con le lacrime agli occhi il suo discorso pronunciato dopo la vittoria, in cui ci ha ricordato proprio l’importanza dei modelli di ruolo e dell’avere il coraggio di osare:
“But while I may be the first woman in this office, I will not be the last. Because every little girl watching tonight sees that this is a country of possibilities and to the children of our country regardless of your gender, our country has sent you a clear message: dream with ambition, lead with conviction and see yourselves in a way that others may not simply because they’ve never seen it before”.
E il tema della festa della donna di quest’anno è proprio la sfida, #ChooseToChallenge l’hashtag scelto a livello internazionale per celebrare questa ricorrenza, un invito a combattere in prima persona contro i bias e le diseguaglianze di genere nel quotidiano, ognun* attraverso piccole azioni concrete.
Ecco perché tra storytelling e role modeling, le pillole di advocacy di oggi celebrano eroine che hanno osato sfidare se stesse e i loro tempi, con l’augurio che possano essere fonti d’ispirazione e che noi donne possiamo riuscire davvero a essere noi stesse, frantumando tutti i soffitti di cristallo e danzando in mezzo al loro luccichio più splendenti che mai, ognuna nella sua peculiare sfaccettatura, scheggia unica del multiforme specchio della sorellanza.
Buon 8 marzo a tutt*
I Grandi Classici: Se Nascerai Donna – Oriana Fallaci
Chi ha dimestichezza con la figura di Oriana Fallaci, sa benissimo che si tratta di una donna poco incline ai compromessi e irrimediabilmente fedele a sé stessa, nel bene e nel male, che non ha mai avuto paura di osare e che per farlo ha utilizzato lo strumento a lei più congeniale: la parola.
Una prosa secca e tagliente quella di Oriana, una penna che non fa sconti a nessuno, nemmeno in questo libro che raccoglie alcune interviste a donne straordinarie commissionate dal settimanale “L’Europeo” e riflessioni della stessa Fallaci sulla condizione femminile e sulla sua evoluzione a cavallo fra gli anni ’50 e ’70 del secolo scorso.
Scorrendo le pagine, scopriamo non solo delle figure femminili rivoluzionarie e fuori dagli schemi ma riusciamo anche a comprendere in maniera profonda il contesto storico-sociale da cui è faticosamente riuscito a germogliare il fiore della rivoluzione femminista (la cosiddetta “seconda ondata”), permettendoci di ammirare ancora di più gli sforzi e le conquiste di una generazione di donne che ha davvero lottato per cambiare il sistema.
Emblematica in questo senso la riflessione con cui si apre il libro, in cui l’autrice accoglie già come una piccola rivoluzione il dibattito sull’ammissione delle donne in magistratura che divideva l’Italia a metà degli anni ’50, trasportandoci in un mondo non così lontano nel tempo ma che ci sembra davvero anacronistico e medievale. Ebbene sì, vi potrà sembrare assurdo, ma in Italia le donne potranno prendere parte ai concorsi di magistratura solo nel 1963, ben 15 anni dopo l’entrata in vigore della Costituzione!
Oriana nel suo articolo la definisce una vera e propria crociata condotta da alcune avvocate e guarda con profonda ammirazione al loro sfidare lo status quo e gli stereotipi culturali dell’epoca, secondo cui le donne non erano adatte a svolgere il compito di magistrate per ragioni biologiche, in quanto troppo emotive e impulsive, prive di equilibrio e della capacità di sintetizzare i concetti: tutti tratti caratteriali tramandati da secoli come peculiari del solo sesso femminile, senza alcun fondamento scientifico a supporto, ça va sans dire! Può sembrarci incredibile, eppure fa riflettere come questi e altri bias privi di alcuna giustificazione oggettiva abbiano precluso per gran parte della storia alle donne di esercitare ruoli da protagoniste al pari degli uomini.
L’aspetto molto interessante del libro risiede proprio nel fatto che ogni articolo è un piccolo grande romanzo a sé, molto coinvolgente; Oriana è una grandissima storyteller, un’artigiana della parola, e ne ammiriamo le doti di narratrice nelle interviste a due icone che hanno rivoluzionato il costume, dando alla parola “moda” la dignità e valenza sociale di motore del cambiamento culturale: Coco Chanel e Mary Quant.
In particolare, l’affresco che ci viene offerto della grande stilista francese è una chicca imperdibile che, con vigorose pennellate, ci permette di provare a comprendere l’universo di questa leggenda dello stile e il suo carattere indomabile, decisamente fuori da ogni schema preconfezionato, che non permetterà a Oriana di rivolgerle neppure una domanda durante l’intervista.
Come piccola anteprima, vi svelo che Coco confessa (incredibile!) di non aver mai saputo disegnare, né cucire abiti ma di limitarsi semplicemente ad appiccicare stoffa sui manichini e immaginare tailleur, definendosi non un’artista ma una piccola sarta, il cui obiettivo è sempre stato quello di liberare le donne da orpelli, bustini e vestiti scomodi per vestirle con semplicità e grazia. Ed è proprio qui che riusciamo a comprendere la grandezza rivoluzionaria di Chanel e il suo essere visionaria, in quanto già all’inizio del ‘900 aveva compreso l’importanza di democratizzare la moda per trasformarla da sfoggio di ricchezza, appannaggio di pochi, a strumento di liberazione dei costumi e di rifiuto degli abiti simbolo di epoche passate, che avevano contribuito a intrappolare anche fisicamente le donne, a nasconderle e renderle goffe. Come spiega con sagacia la stessa Coco:
“La moda deve essere suggerita a migliaia, a milioni di donne. La moda deve scendere per strada, salire in autobus, entrare nei cinema […]. La moda deve permettere movimenti sciolti e improvvisi, deve essere razionale […]. Non volete fare i mestieri da uomini? Non volete entrare in politica? Come fate ad imporvi se non potete nemmeno respirare dentro il bustino?”
Sempre restando nel mondo del costume, un’altra intervista molto interessante è quella a Mary Quant, che racconta a Oriana come la rivoluzione portata dalla minigonna non sia dipesa dalla sua genialità o abilità di sarta ma semplicemente dalla capacità di interpretare i tempi e i bisogni della gente comune, che inconsciamente stava già aspettando qualcosa di nuovo, in un intreccio affascinante tra moda e rivoluzione politica, in cui la moda non è più un privilegio riservato a pochi ma produrre vestiti diventa semplicemente un mestiere al servizio delle masse lavoratrici, che dettano lo stile.
Una delle interviste più riuscite a mio avviso è quella a Kate Millet, ideologa e madre della “seconda ondata” femminista americana, docente di lettere e filosofia, da cui apprendiamo una straordinaria lezione su cosa significhi essere donne, e da cui persino un carattere non certo domabile come Oriana Fallaci ne esce con le ossa piuttosto rotte. In questo contraddittorio tra due donne eccezionalmente indipendenti e libere, mi sono ritrovata anche io a fare il tifo per Kate, che analizza con spietata lucidità le cause del predominio del patriarcato, rendendoci spettatori/spettatrici della sua sterminata cultura, che sicuramente deve molto allo studio delle idee di Simone de Beauvoir (di cui abbiamo parlato nella prima puntata delle Pillole di Advocacy).
Incalzata da una polemica Oriana, che cerca di mettere in evidenza quelli che a suo avviso sono i punti deboli del femminismo, Kate Millet replica in maniera incisiva e particolarmente convincente, mostrandoci come non solo l’intera cultura (dalla religione alla storia e alle arti) ma anche le istituzioni che regolano la vita sociale, a partire dalla famiglia, siano fondate sul patriarcato da millenni, regalandoci una perla di grande attualità:
“Non si cambia il mondo cambiando gli uomini al potere, lo si cambia cambiando il concetto stesso del potere. Cioè il concetto patriarcale”.
E secondo la Millet la colpa principale del sistema patriarcale è quella di avere fondato il sistema dei valori umani sul mito di mascolinità e femminilità, rappresentando le caratteristiche di uomo e donna come biologiche, quando in realtà sono il frutto di una psicologia perversa, di un lavaggio del cervello che si protrae da secoli. Nel barattolo dell’uomo sono rinchiuse la virilità, il coraggio, la violenza, la durezza; in quello della donna giocano a rincorrersi la dolcezza, la mansuetudine, l’ubbidienza, l’emotività, la fragilità, la frivolezza. E i due vasi non sono comunicanti, stanno appoggiati l’uno di fianco all’altro sullo stesso scaffale, senza mischiarsi. Perché la società ha deciso che queste sono le regole del gioco, che continuano a ripetersi da millenni. E sinceramente non posso che essere totalmente d’accordo con la Millet, si tratta del nocciolo del problema culturale alla base delle diseguaglianze di genere che non abbiamo tuttora superato.
Proseguendo nella lettura, si trovano tante altre interviste interessanti a scienziate, politiche, attrici, cantanti e persino capi di Stato. Ciò che ho apprezzato davvero della raccolta è l’onestà intellettuale di Oriana, che spesso critica aspramente le sue interlocutrici e si discosta dalle loro idee, ma restando comunque fedele al suo intento di raccontarci storie di donne che prima di ogni altra cosa hanno desiderato essere libere e autentiche, proprio come l’autrice.
Non vi resta che leggerlo per scoprire tutte le altre gemme che vi sono nascoste!
“Negare che la società in cui viviamo sia una società inventata dagli uomini, imposta dagli uomini, dominata dagli uomini, sarebbe cretino. Come sarebbe cretino negare che tale società poggi sulla distinzione dei sessi”
Titolo: Se Nascerai Donna
Autrice: Oriana Fallaci
Editore: Rizzoli
Anno di edizione: 2019
Femminismi Contemporanei: Storie della Buonanotte per Bambine Ribelli – Francesca Cavallo e Elena Favilli
La storia che accompagna il successo di “Storie della Buonanotte per Bambine Ribelli” è già di per sé straordinaria.
È il sogno di due donne qualsiasi, che dopo le numerose porte sbattute in faccia hanno abbandonato l’idea di condividere il loro libro attraverso i canali dell’editoria tradizionale, auto-pubblicandolo sulla piattaforma online Kickstarter, e si sono improvvisamente risvegliate come autrici del libro inedito più finanziato nella storia del crowdfunding (più di un milione di dollari raccolti in oltre 70 Paesi del mondo!).
Un successo planetario inaspettato, tradotto in oltre 30 lingue e corredato da illustrazioni di artiste da ogni parte del mondo, che ha catapultato Francesca e Elena nell’olimpo delle scrittrici per l’infanzia (anche se ci tengo a sottolineare che le storie ribelli mi hanno fatto scendere più volte la lacrimuccia, alla faccia della lettura per bambin*).
Credo che la ragione di un tale clamore risieda nel fatto che un libro così innovativo e diverso dalle solite favole non si era ancora visto, le nostre due autrici hanno davvero creato un unicum, un caso destinato ad essere imitato.
Stop alle principesse che aspettano di essere salvate, alle donzelle in difficoltà in attesa sospirante dell’amato!
Non che vi sia qualcosa di necessariamente sbagliato nelle principesse, anzi.
Ma non può essere quello il solo modello di riferimento delle bambine, anche perché non tutte necessariamente vi si ritrovano.
Se penso alla mia infanzia infarcita di cartoni Disney, mi viene naturale ricordare quanto anche io desiderassi trasformarmi magicamente in una principessa ma semplicemente perché le fiabe rappresentavano sempre e solo questo unico stereotipo al femminile, con qualche sparuta eccezione.
Sono tuttavia abbastanza convinta che se mi fossi trovata tra le mani le storie di Elena e Francesca, sarei rimasta immediatamente conquistata da queste piccole eroine quotidiane, e avrei capito sin da subito che un’aviatrice non ha nulla da invidiare a una principessa.
E se anche una femminista come me è stata vittima della “sindrome della principessa”, è facile capire quanto ci sia bisogno di libri inclusivi come questo.
È ormai ampiamente dimostrato come gli stereotipi di genere non siano determinati da fattori genetici, quanto piuttosto da preconcetti di natura culturale e sociale che iniziano a influenzare i/le bambin* sin dalla tenera età.
Perciò il mio appello alla lettura di questo libro è rivolto innanzitutto a chi di voi è genitore, anche e soprattutto di figli maschi: ritagliatevi del tempo per raccontare ai/alle vostr* figl* ogni sera una delle 100 storie di donne ribelli, scritte con una semplicità che tocca il cuore, per scardinare modelli predefiniti, educare alla bellezza della diversità e insegnare loro che non esiste un modo solo e giusto per essere protagonist* della propria esistenza, se non quello di essere indipendenti, come era solita ripetere una delle tante eroine del libro, la pittrice Artemisia Gentileschi:
“Finché avrò vita, sarò io ad avere il controllo della mia esistenza”.
E per chi non ha bambin*, andate a scoprire le vite di queste donne controcorrente, che possono insegnare molto anche a noi adult*.
Donne visionarie e pioniere, come la matematica Ada Lovelace, prima programmatrice della storia, che già nel 1800 era stata in grado di immaginare il computer, o Kate Sheppard, suffragetta ribelle che grazie alle sue battaglie ha permesso alla Nuova Zelanda di diventare il primo Paese al mondo a concedere il diritto di voto alle donne nel 1893.
Anime resilienti e incapaci di arrendersi alle difficoltà della vita come Alicia Alonso, ballerina cubana che non ha rinunciato al suo amore per la danza neppure dopo essere diventata cieca, o Rosa Parks, una delle mie eroine da sempre, che con il semplice gesto di sedersi su un autobus sferrò un primo significativo colpo alla segregazione razziale negli Stati Uniti, a dimostrazione che i piccoli gesti possono innescare cambiamenti micidiali e inaspettati.
Ragazze contemporanee che hanno avuto il coraggio di credere nell’impossibile; Ann Makosinski è una di loro e a soli 15 anni ha inventato la prima torcia al mondo alimentata dal calore umano per cercare di rendere l’elettricità accessibile ovunque nel mondo. Un’altra è Yusra Mardini, nuotatrice siriana che, in fuga dalla guerra, quando il gommone che trasportava lei e altri rifugiati stava per inabissarsi in mezzo all’Egeo, non ha esitato un secondo a tuffarsi in mare e spingerlo per ore fino a raggiungere la costa, salvando i suoi compagni.
Bambine ribelli che con generosità hanno sacrificato la loro esistenza per rimuovere gli ostacoli a coloro che sarebbero venut* dopo di loro, come la giornalista Anna Politkovskaja.
Figure come Cora Coralina, straordinario esempio di tenacia, che ci dimostrano come non sia mai troppo tardi per realizzare i propri sogni e diventare un’affermata poetessa a 75 anni!
Le storie di Francesca e Elena sono come il buon vino, vanno lasciate decantare e assaporate a poco a poco.
Per lungo tempo ogni sera mi sono addormentata anche io in loro compagnia, e mi hanno regalato una magia di cui un’idealista come me ha disperatamente bisogno: quella di continuare ostinatamente a credere che cambiare il mondo sia davvero possibile, proprio come in ogni favola che si rispetti, che ciascuna di queste 100 straordinarie protagoniste è riuscita a trasformare in realtà.
Titolo: Storie della Buonanotte per Bambine Ribelli
Autrici: Francesca Cavallo e Elena Favilli
Editore: Mondadori
Anno di edizione: 2017
Media Corner: Podcast – Morgana – Michela Murgia e Chiara Tagliaferri
Le “Morgane” di Michela Murgia e Chiara Tagliaferri mi accompagnano spesso mentre vado al lavoro o faccio sport, e ascoltandole penso anche io a degli espedienti per sfidare il patriarcato nel mio quotidiano.
Appena scatta la sigla che introduce ogni puntata del podcast – la mia amatissima “Dog Days Are Over” dei Florence and the Machine – sono tutta orecchi, pronta a immergermi in una nuova storia, scordando per una quarantina di minuti il mondo esterno.
A Michela Murgia sicuramente non interessa in alcun modo compiacere.
Anzi, ci racconta delle storie di donne pericolose, fuori dagli schemi, esagerate, che talvolta suscitano paura e persino disprezzo, storie che preferiremmo non ascoltare e le cui protagoniste spesso non possono essere considerate degli esempi, anzi rappresentano proprio quel tipo di donne che non esitiamo a giudicare e apostrofare con sgarbo e maldicenza.
Ma Michela narra le loro parabole con una onestà e profondità incredibili, che incantano e tengono l’orecchio incollato alla storia e poi a un’altra ancora, perché ogni puntata è una scoperta a trecentosessanta gradi, mai scontata.
Le autrici infatti non si limitano a tessere le trame delle vite di donne che hanno osato sfidare lo status quo, accompagnandole con dei brani sempre azzeccati, ma da Aracnidi provette ci narrano i contesti a corredo di queste storie, i mondi in cui le protagoniste gravitano, e invitano degli ospiti esperti di questi singoli universi in ogni puntata. E questo è un altro aspetto che io trovo estremamente affascinante del podcast, ovvero la varietà degli argomenti che vengono affrontati e la possibilità di imparare a ogni ascolto (sto letteralmente riempiendo pagine di appunti!), dalla politica al mondo della moda e dell’attivismo, dalla musica e arte in generale fino ad arrivare addirittura a due universi così antitetici come la teologia e l’industria pornografica.
Ma per quale ragione le due autrici hanno scelto proprio come titolo del loro podcast “Morgana” per raccontare donne controcorrenti e ribelli?!
Morgana è una figura mitologica, fata e strega antagonista di Re Artù e Mago Merlino, l’io narrante del romanzo “Le Nebbie di Avalon”, in cui il ciclo arturiano viene riletto dal punto di vista femminile. E infatti la Murgia nei vari episodi del podcast spesso definisce le sue protagoniste streghe, nel senso di donne fuori dagli schemi, spesso considerate diverse e troppo particolari per poter essere accettate dalla società, ma che nonostante le avversità e gli ostracismi hanno perseverato lungo la loro strada, compiaciute anzi di aver osato sfidare gli stereotipi e cavalcandoli con orgoglio, smontando i pregiudizi e ridefinendo i confini della libertà femminile.
Come raccontato dalle stesse autrici in un’intervista rilasciata a Elle,
“Il rischio della diversità è il rigetto, ma oggi lo rivendichiamo al punto da raccontare insieme di “Morgane”, donne così diverse da ogni cliché da essere spaventose, perché in un mondo che rispetta solo quello che teme, far paura a volte è la sola strada per sopravvivere. La loro differenza, ora lo sappiamo, ha aperto la strada alla nostra e a quella di tutte le donne”.
Ma conosciamo meglio alcune di queste “Morgane”, che con i loro gesti eversivi hanno spianato il cammino a tutt* noi.
Come spesso succede, se il/la protagonista di una storia suscita in me reazioni contrastanti di repulsione e disgusto, significa che l’autore/autrice ha fatto davvero centro. Ho una passione da sempre per le storie disturbanti, in cui non ci sono personaggi incasellabili dentro un profilo definito ma i cui confini sfumano, non amo i buoni a tutti i costi contro i cattivi, e ho notato con piacere che la Murgia e la Tagliaferri sono della mia stessa idea.
E dunque le mie “Morgane” preferite sono quelle più controcorrenti e detestabili, come la pattinatrice Tonya Harding, l’antieroina per eccellenza, che, nonostante sia riuscita a diventare tra le migliori atlete della storia nella sua disciplina, a causa di un’infanzia violenta e costellata di eventi tragici che la segneranno per sempre, resterà comunque una sconfitta dalla vita, con una personalità disturbante. In particolare, mi è piaciuto molto che attraverso questa storia – di cui non vi svelo i dettagli – si sia avuto modo di parlare di tematiche scomode come l’invidia feroce che spesso si sedimenta tra ragazze in ragione dei preconcetti connessi alla femminilità e delle eccessive ingerenze familiari nel proiettare aspettative stereotipate sulle figlie (ad esempio, tramite la scelta dei giocattoli da regalare o i vestiti che si vogliono far indossare alle bambine).
Altro ritratto che mi è piaciuto molto, pur conoscendone già in parte la storia, è stato quello di Madonna, il cui femminismo è innanzitutto espressione della sua individualità e rivendicazione di liberare in primo luogo se stessa; l’artista ha infatti confessato di non avere molto in comune con altre donne che si definiscono femministe, che l’hanno spesso accusata di far retrocedere l’immagine della donna con le sue provocazioni anche legate al sesso, e per questo ha coniato per se stessa la definizione di “bad feminist”. Emblematico in questo senso il suo discorso tenuto ai Billboard Award nel 2016 dopo essere stata nominata donna dell’anno: una vera e propria invettiva contro la misoginia, il sessismo e gli abusi, un j’accuse al mondo dello show business in cui
“se sei una ragazza ci si aspetta che tu sia carina ma che non rivendichi la tua sessualità e sgualdrinaggine, devi essere quello che le altre donne si aspettano e non devi invecchiare perché sarai denigrata e ignorata”.
Applausi per il coraggio!
E alla faccia di Mick Jagger che l’ha definita “un ditale di talento gettato nell’oceano dell’ambizione”, Madonna resta tuttora tra le cantanti che hanno venduto più dischi in assoluto nella storia della musica, a dimostrazione che la volontà e la perseveranza possono cambiare il mondo.
Apprezzatissima è stata poi la storia di Vivienne Westwood, che mi ha permesso di conoscerne meglio l’impegno di attivista politica e ambientalista, oltra alla ben nota carriera di stilista che ha inventato il punk, la cui filosofia di vita, secondo la quale “dal caos nascono le cose più belle”, è frutto di un impegno personale contro gli sprechi inutili. Scopriamo così con stupore che la moda anticonformista di Vivienne, fatta di vestiti strappati e ricuciti, t-shirt con incollati tappi di bottiglia e oggetti riciclati, ha il solo scopo di ribadire l’importanza della moda etica come un mezzo per parlare di tematiche complesse e in cui la stilista profonde i suoi sforzi in prima persona, come la lotta al cambiamento climatico e agli sprechi.
L’apice dell’anticonformismo viene però raggiunto dalla Murgia e dalla Tagliaferri nella descrizione di due figure apparentemente antitetiche ma in realtà entrambe espressioni di un desiderio di sfidare lo status quo, seppur in due modi che ci sembrano opposti: Santa Caterina Da Siena e Moana Pozzi.
La prima teologa e mistica, unica donna a essere mai stata consigliera di due papi, che a seguito di alcune visioni a soli 7 anni decide di fare voto di castità, indossare il cilicio, rinunciare alla carne e fare una vita da asceta.
La seconda cresciuta in una famiglia borghese, da cui scappa a 18 anni per fuggire a Roma e diventare una leggenda della pornografia.
Entrambe ribelli a modo loro.
Caterina, che sfida la famiglia e si rifiuta di essere data in sposa a soli 12 anni per non aderire al classico modello femminile di donna, madre e sposa, arrivando addirittura ad auto-murarsi dentro una cella che fa costruire in casa e ad ammalarsi volontariamente per deturparsi il viso, in modo da essere ammessa nell’ordine delle suore mantellate, che l’avevano rifiutata perché troppo giovane e bella.
Curioso notare che mentre l’atto di sfida di Caterina consiste nell’abbruttire il proprio aspetto per potersi dedicare alla cura dell’anima, per Moana si tratta di esaltare il proprio edonismo e il proprio piacere nell’essere guardata, dedicandosi alla pornografia, un mondo in cui lei stessa racconta di non sentirsi trattata come un oggetto in quanto dona volontariamente il suo corpo, a differenza di molte donne che sono invece costrette dal perbenismo della società a sposarsi anche se non lo desiderano, facendo da serve ai mariti.
Le “Morgane” sono donne libere fino in fondo, prendere o lasciare, e si amano anche per questo!
Qualora preferiate la carta stampata ai podcast, è uscito anche un libro edito da Mondadori in cui sono raccolte in forma scritta alcune delle puntate già registrate.
In entrambi i casi, non perdetevi le storie di queste donne che hanno avuto il coraggio di affermare le proprie differenze e che, nonostante fallimenti e crepe, non si sono piegate ma hanno cercato il riscatto scommettendo sulla loro autenticità e talento, senza aspettare qualcun* che accorresse a salvarle, semplicemente credendo ostinatamente in loro stesse.
Se non c’è da imparare da tutto questo…