Impariamo dalle donne del passato e del futuro. Ai tempi della pandemia.

A inizio anno scelsi per marzo un tema per il blog: “donne e generazioni”. Volevo celebrare la bellezza della donna a tutte le età, nel mese della Festa della Donna. Mi ero immaginata una storia di dialogo tra generazioni che lottano per ricordare il passato e per migliorare il futuro. Avevo due volti in mente: quelli di Liliana Segre e Greta Thunberg.

A gennaio Liliana Segre, 90 anni, intervenne al Parlamento Europeo per ricordare l’orrore del male e celebrare la straordinarietà della vita.

“La forza della vita è straordinaria, è questo che dobbiamo trasmettere ai giovani”.

Nel proprio messaggio, ricorda il disegno di una bambina: una farfalla gialla che vola sopra il filo spinato. “Per i miei futuri nipoti – cioè l’umanità – vorrei che con responsabilità e coscienza fossero sempre farfalle che volano sopra i fili spinati”. Liliana Segre ricorda il proprio dovere di testimone: solo chi ha vissuto quell’orrore, sentito quegli odori, lavorato nel letamaio, mangiato come le bestie può ricordare per sempre. Nostro dovere è ricordare e tramandare a nostra volta.

Sempre a gennaio, Greta Thunberg, 17 anni, parlò al World Economic Forum a Davos, facendo il punto su cosa era cambiato rispetto al suo discorso dell’anno precedente, sempre a Davos: “Non è cambiato nulla”. Gli adulti non hanno preso sul serio quell’urlo: “I want you to panic”. Ascoltiamo la scienza. Non basta piantare alberi. Non basta ridurre le emissioni: “Emissions must stop”. Punto.

“La nostra casa è in fiamme. Vi chiedo di agire come se amaste i vostri figli più di ogni altra cosa”.

 

 

Gennaio era un altro mondo. Non siamo più i “noi” di gennaio. Sono passati tre mesi. Ho pensato di cambiare il tema dell’articolo per il blog, ma subito dopo mi è apparso il tema più giusto: impariamo dalle donne del passato e del futuro, ai tempi della pandemia.

Tutte e tutti stiamo vivendo un momento che nessuno mai avrebbe immaginato per sé e per i propri cari.

Ci appariva lontano il virus, quando guardavamo le immagini di una Cina nel caos. Ci ha messo un attimo il virus a spostarsi, perché è l’essere umano a spostarsi in un mondo globalizzato e il virus si sposta con noi.

Quando è toccato a noi, abbiamo sentito parlare di “semplice influenza”; poi ci è stato detto che – sì – qualcuno può morire: anziani o chi ha più patologie; che la donna resiste più dell’uomo; e via dicendo.

Come se non riguardasse tutte e tutti.

Ogni anziano è la nostra memoria.

Molti anziani sono genitori e anche nonni. I nostri genitori e nonni.

Anche noi stiamo male, ventenni e trentenni e quarantenni e cinquantenni.

E poi ci dicono di tenere lontani i figli e i bambini dai genitori e dai nonni.

Allora ci siamo isolati.

E chi si è ammalato è solo, a casa o in un letto d’ospedale.

E chi se ne va è solo. E i cari che rimangono sono soli. Anche loro.

E’ la pandemia della solitudine e del dolore, di chi lotta respiro dopo respiro e di chi attende una notizia dall’ospedale, che un giorno arriva e l’altro no.

Più che mai il tema generazionale è così forte e presente: vorremmo vedere e abbracciare i cari, stare vicini, farci forza – piccoli e grandi. Liliana Segre ce lo ha raccontato: in quell’orrore e solitudine, perlomeno si stava tutti insieme; non si parlava la stessa lingua, ma tutti erano alla ricerca di parole comuni.

E’ una novità per noi che viviamo in una parte del mondo che non vive la guerra; in questa parte di mondo, c’è chi la guerra l’ha vissuta: sono persone anziane, quelle che mantengono il ricordo di qualcosa che ci appare lontano. Impariamo da Liliana Segre a guardarlo in faccia il male e a ricordarlo, per renderci conto di quanto “la vita è straordinaria”.

Non è necessario esprimere ottimismo sempre e comunque. Impariamo anche a crescere con il male.

Noi ce ne ricorderemo. Faremo tesoro di questo momento. Anche noi avremo una memoria da trasmettere: quella della prima pandemia globale del millennio, quella della quarantena, dell’isolamento, dei controlli delle forze dell’ordine in strada. Quella delle scuole chiuse, quella in cui per uscire devi essere armato di guanti e mascherina, quella delle file fuori dai supermercati, quella di chi lavora e ogni giorno ha paura, quella degli ospedali pieni di angeli, quello dello smart working forzato, quella della morte che arriva prima del previsto.

Questa memoria sarà parte di noi.

 

 

Quanto sarà bello vedere il cielo tutti i giorni e fare una passeggiata mano nella mano con il nostro amato. E quanto sarà ancor più bello il nostro Paese: ne avremo più cura? E quanto sarà più bello stare insieme: saremo in grado di abbattere i muri dell’odio? E quanto saranno più belli gli abbracci: saremo in grado di amare di più?

Trasmettere questa memoria sarà il nostro dovere. Impariamo da Liliana Segre. E impariamo anche da chi è troppo giovane per avere quel tipo di memoria, ma che guardando al presente è consapevole di quanto ci sia da lavorare per un futuro migliore: è l’urlo di Greta, la ragazzina svedese che con la propria voce ha raggiunto il pianeta. A pensarci bene, questo coronavirus ci sta facendo male, a noi umani, ma il pianeta ha un attimo di respiro. L’umanità è bloccata, non circolano automobili, non andiamo in giro per il mondo con gli aerei, molte imprese non producono, l’inquinamento si è ridotto. “Emissions must stop”, era l’urlo di Greta: sta succedendo per davvero. Impareremo a essere sostenibili? Ascolteremo gli scienziati?

Grazie alla memoria possiamo costruire insieme un domani più bello. Nel presente, per me, il pensiero va a tutte le donne e gli uomini che stanno lottando respiro dopo respiro.

Non sono ottimista, ma va bene così, perché tanto la rete è già piena di ottimisti che pubblicano video e foto e articoli e disegni.

Saremo farfalle che volano sopra le pandemie.

 

Scritto da Natasha Aleksandrov

 

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