Pensare Agile, fare marketing Agile, vivere Agile: cosa significa davvero?
L’abbiamo chiesto a Deborah Ghisolfi
Scritto da Carolina Nobile
Il bello della parola Agile è che non importa come la pronunci – all’inglese agiail, o all’italiana –, il significato è universale.
A spiegarmelo è Deborah Ghisolfi, quarantaseienne, cremonese, manager di grande esperienza in ambito IT.
Mio padre – mi racconta – non capiva proprio perché volessi dedicarmi all’informatica e studiare matematica. Sono cosa da uomini, diceva.
E non era il solo a pensarla così.
Fatto sta che Deborah la sua scelta l’aveva fatta e la sua carriera parla per lei. Quality, Technology & It Manager di aziende come MailUp, per citarne una. Ambienti competitivi, impegno che non conosce orari, sfide che spostano l’asticella sempre un po’ più in là.
Poi un giorno accade qualcosa.
Stavo guidando, quando improvvisamente avvertii un irrigidimento; era come se la parte destra del mio corpo si fosse addormentata. Mi precipitai in ospedale convinta che si trattasse di qualcosa di neurologico. Mi sottoposero a tutti gli esami di routine e anche di più.
Sapete quale fu la diagnosi? Stress.
Sì, solo stress.
Sollevata e al tempo stesso turbata, Deborah rallenta e si prende del tempo per capitalizzare quanto accaduto. Ed è qui che la sua vita cambia…
Deborah, il tuo job title è Certified Trainer di Agile Marketing Italia & Team Facilitation.
Ci spieghi di cosa si tratta?
˃ Sì, certo. Partiamo dalla definizione: Agile è un approccio, una filosofia nata per rendere migliore lo sviluppo software.
Attenzione: un mindset, non un insieme di regole o tool da prendere e applicare.
Mi piace paragonarlo ad un viaggio. Se accetti di intraprenderlo ti porterà ad una trasformazione, un vero e proprio cambiamento culturale.
Quando e come l’hai scoperto?
> Ho incontrato l’approccio Agile nel 2004, ma non ero pronta.
Non avevo fatto un passaggio cruciale: capire che il cambiamento prima che nel team o in azienda, doveva avvenire in me.
Pensavo: basta avere lo strumento tecnologico Agile, ed è fatta… Non è così!
Il periodo di forte stress che ho vissuto, e la cernita personale che ne è conseguita, mi hanno fatto capire che non ero agile per niente!
Lo vivevo solo come insieme di regole, ero lontana dalla portata rivoluzionaria che questo mindset porta con sé.
Ad un tratto feci una scoperta: la sostenibilità del lavoro assunse un valore più grande e importante delle ore/uomo dedicate ai progetti.
Il mio approccio al business cambiò. La trasformazione culturale che stavo attraversando portò a galla le difficoltà, ma questo fu anche un segnale incoraggiante: mi stavo trasformando!
Mi rimisi a studiare e intrapresi il percorso di Agilista, che richiese un grande lavoro su di me, ed è così tuttora.
Nel 2016 fondai Agile Marketing Italia. Da allora mi dedico tempo pieno a questa metodologia attraverso la divulgazione, la consulenza e la formazione con corsi ad hoc, speech a conferenze nazionali e internazionali, meetup.
Voglio essere Agile: da dove parto?
˃ Dai principi e dai valori.
I principi che originariamente stavano alla base della progettazione del software sono stati poi declinati e applicati anche al marketing.
Sono raccolti nell’Agile Marketing Manifesto, voluto dai primi leader del movimento con lo scopo di fornire una base comune da cui partire.
Si inizia con i Valori. Il Manifesto ne individua 7:
- Apprendimento validato
- Focalizzati sul cliente creando relazioni
- Crea Campagne adattive e iterative
- Scopri chi sono i tuoi clienti
- Pianifica le tue campagne in modo flessibile
- Rispondi con tempestività al cambiamento
- Fai piccoli esperimenti frequenti
Poi si passa ai Principi. Sono davvero illuminanti:
- la semplicità è essenziale;
- non aver paura di fallire;
- diamo il benvenuto e pianifichiamo il cambiamento;
- riteniamo che la nostra capacità di rispondere rapidamente ai cambiamenti sia una fonte di vantaggio competitivo.
Sono 10, vi consiglio di leggerli tutti indipendentemente dal fatto che vi occupiate di marketing o meno.
> Alla base di tutto questo una semplice domanda: che cosa posso fare io per dare più valore alle persone che lavorano con me – clienti, colleghi, fornitori, account ecc.?
Focalizzarmi sul concetto di me come persona: il mio miglioramento, quello che io imparo, mi rende più evoluto e alimenta la cura della relazione con il mondo esterno, rendendola migliore.
Accrescere le performance delle persone, non solo in termini di velocità e produttività, è possibile solo sperimentando la cultura della condivisione, anche e soprattutto dell’errore.
Creare relazioni di valore come viatico per favorire la crescita propria e altrui.
Mi sembra di capire che l’approccio Agile sia strettamente legato alla Contaminazione e al Network. È così?
> Assolutamente. L’approccio Agile funziona se c’è un network – un’associazione, un team, un’azienda – e in quel network ci sono i presupposti per creare condizioni psicological safety che mettano tutti nella condizione di essere aperti, parlarsi serenamente, condividere gli errori.
Il bello di questo approccio è che si lavora perché anche il CEO si senta libero di dire “Oggi non va, non sono al 100%”, senza che questo destabilizzi il team.
Quindi esiste una sorta di comunicazione Agile?
> Sì, sia interna che esterna. Non può che essere fluida, ed è tale quando è in grado di far rimanere tutti sul pezzo, nonostante si lavori lontani, dislocati.
La comunicazione Agile fa rima con facilitazione.
Chi è il facilitatore? Qualcuno che è in grado – per capacità o empatia – di trovare il modo di sbrogliare situazioni difficili.
La comunicazione Agile non pontifica, non ci sono né tempo né energia per farlo, ma agisce e mette a terra.
Da trainer e consulente di Agile Marketing quali sono le principali difficoltà che i tuoi clienti affrontano quando decidono di abbracciare il cambiamento?
> La cosa positiva che ho riscontrato è che non è più un tema di azienda grande, azienda piccola. La discriminante non è la dimensione ma la consapevolezza. Si capisce che non si può più andare avanti così. C’è qualcosa che fa male – il calo delle vendite, la reputazione, la retribuzione – e da lì parte la trasformazione.
La difficoltà che le accomuna tutte è il correre ai ripari quando viene a galla il pain. Un po’ come con le scarpe: le cambio perché mi procurano dolore e non sono adatte a me.
In questo senso non si gioca d’anticipo, non c’è prevenzione.
Essere Agile come ci può aiutare a vivere questo periodo di quarantena e distanziamento sociale?
> L’Agile oggi è messo alla prova e con lui il percorso di agilizzazione. Il momento è cruciale perché capiremo se è stato interiorizzato veramente.
Dobbiamo chiederci fin da ora, quando l’emergenza sarà passata, che mercato troveremo e che aziende ci saranno? Non più le stesse di prima.
Fiducia, comunicazione fluida, facilitazione saranno parole ancora più determinanti.
C’è oggi e ci sarà in futuro confusione su progetti e obiettivi. Dovremo passare dal time to market – essere nel posto giusto al momento giusto, a consapevolezza e reattività di fronte al cambiamento, e portare tutto questo nei nostri progetti.
Una peculiarità dell’approccio agile è quello di lavorare per piccoli step.
Io penso sempre al puzzle. Per quanto ambizioso o pieno di tasselli possa essere, si comincia sempre da 1.
Comunicare, unire i pezzi ed essere fiduciosi. Questi gli ingredienti essenziali della ricostruzione.
Deborah, un libro da non perdere?
>Ne ho due: Le leggi della semplicità di John Maeda, vi consiglio anche di non perdervi il suo TED, e 101 storie zen, da tenere sempre sul comodino e leggere non per forza partendo dall’inizio.
E io aggiungo il suo: Agile Marketing. Un viaggio che parte da te, coinvolge il team e punta dritto al cliente!
Grazie Deborah per averci insegnato che c’è molto da guadagnare nell’essere Agili☺