Il social business, un trend recente ma estremamente profondo che sta rivoluzionando il modo in cui le aziende operano e generano valore. Nel nostro incontro abbiamo voluto portare la testimonianza di due donne che invece han voluto portare il business nel sociale e realizzare il loro progetto.
SPEAKER
Alessia Anzivino, ricercatrice e Junior Assistant Professor perl’area Public Management and Policy della SDA Bocconi
Riccarda Zezza ha lavorato per molti anni nell’area della comunicazione e organizzazione di progetti in multinazionali come Microsoft e Nokia per poi realizzare il suo progetto: Piano C
Giulia Guffanti, dopo un’esperienza in McKinsey ha deciso di lavorare per la Onlus Dinamo Camp di cui è diventata CFO
DI COSA ABBIAMO PARLATO
Le nostre ospiti ci hanno raccontato la loro esperienza nella loro impresa sociale, seppur nata con percorsi e modalità differenti, ma condividendo la voglia del “make a change”. Riccarda nello spiegare il suo progetto ci ha detto: “Ho voluto portare il business nel sociale, di solito si porta il sociale nel business, si cerca di rendere le aziende più sensibili a progetti no profit, Io, ho voluto portare il business e ciò che ho imparato in tutti questi anni di lavoro in grandi realtà, in un progetto sociale che vuole unire vita privata e lavoro, non più come realtà separate, ma è il lavoro che incontra la vita in un nuovo equilibrio che nasce da modelli organizzativi innovativi, una diversa interpretazione delle competenze e una rete di servizi dedicati a vita e lavoro insieme”. Riccarda a noi giovani ha dato un preziosissimo consiglio “ Imparate a fare bene una cosa, sappiatela fare al meglio e siate le migliori nel farla, poi pensate a cosa volete realmente fare e usate questa vostra competenza per realizzare il vostro progetto”.
Alessia ha sottolineato come sia difficile ad oggi in Italia creare la propria impresa sociale, perché non esiste una normativa a supporto sebbene sia riconosciuta “la necessità di procedere al riconoscimento di una nuova soggettività imprenditoriale capace di umanizzare l’economia di mercato e, insieme, di dare uno statuto riconoscibile alla vocazione anche produttiva del non profit”.
Giulia ci ha raccontato come per lei è ora importante “riuscire a rendere la sua associazione indipendente dalle donazioni e autofinanziarsi tramite le sue iniziative e i suoi progetti”.