Scritto da Beatrice Omaggio
L’emergenza Covid-19 e le crisi che ne derivano ci mostrano in modo ancor più evidente i difetti di un tessuto sociale ed economico che va ripensato. È forse presto per avere un’idea precisa di quali saranno le conseguenze della pandemia sulla società, ma è già molto chiaro come queste stiano acuendo le disuguaglianze. E chi sta pagando di più sono quelle fasce della popolazione che già erano più svantaggiate o vulnerabili, ossia minoranze etniche, migranti, giovani e, naturalmente, le donne.
Avrete letto articoli e ricerche che parlano di quanto la crisi stia frenando il già molto lento processo di cambiamento verso la parità di genere. Il tasso di disoccupazione tra le lavoratrici è schizzato da inizio 2020, soprattutto a causa dei contratti precari, in particolare nel settore dei servizi, uno dei più colpiti dall’emergenza sanitaria. Uno studio dell’Istat mostra dati alla mano quanto sia drammatica la situazione: tra novembre e dicembre 2020, su 101.000 persone che hanno perso il lavoro in Italia, 99.000 sono donne. Un fenomeno che si ritrova anche guardando all’intero anno: dei 444.000 occupati in meno registrati in Italia in tutto il 2020, il 70% è costituito da donne. Per non parlare poi delle difficoltà che le donne stanno affrontando anche al di fuori del contesto lavorativo: vi è stato infatti un sovraccarico negli impegni domestici, principalmente a causa della chiusura delle scuole, che ha comportato un forte aumento di stress e di problemi di mental health, da non trascurare. Qui la soluzione sarebbe abbastanza semplice: la genitorialità condivisa, di cui abbiamo scritto parecchio sul blog di Young Women Network.
Ma nonostante le difficoltà, questo è stato un anno incredibile dal punto di vista dei traguardi raggiunti proprio dalle donne all’interno delle cerchie di “potere” – termine che forse andrebbe rivisto nel contesto di una nuova leadership gentile, condivisa e – per citare Silvia Zanella – femminile.
In questo anno e più abbiamo assistito al raggiungimento di alcuni primati davvero importanti, che almeno in piccola parte bilanciano le brutte notizie e possono infondere speranza per il futuro di tutte e tutti noi.
Jane Fraser – CEO di Citigroup
Jane Fraser è la prima donna al mondo a dirigere una delle principali banche di Wall Street. A febbraio 2021, diventa CEO di Citigroup, la quarta banca più grande degli Stati Uniti. Tenace e ambiziosa, Jane Fraser si è fatta spazio fin dal primo momento in cui è entrata nel mondo del lavoro, dimostrando una grande abilità e capacità organizzativa e di leadership. Ha affrontato numerose sfide nei suoi anni di carriera: è stata infatti a capo della divisione mutui dell’azienda, la CitiMortgage, nel 2007, ritrovandosi così ad affrontare la crisi finanziaria del 2008. Più tardi, nel 2015, diventa CEO di Citigroup America Latina, a seguito di un grosso scandalo che coinvolse l’azienda in Messico. In entrambi i casi ne è uscita vincitrice, salendo costantemente di livello fino al 2020, quando il CEO precedente, Mike Corbat, la scelse quale sua succeditrice. Jane Fraser tra l’altro si sta trovando ad affrontare un mondo tutto nuovo. Pensare che i primi cambiamenti sono già arrivati:
“L’offuscamento dei confini tra casa e lavoro e l’inesorabilità della giornata lavorativa pandemica hanno messo a dura prova il nostro benessere. Semplicemente non è sostenibile”.
Con queste parole, Jane Fraser ha deciso di mettere al bando le videocall per almeno un giorno a settimana: il venerdì, il City Reset Day. Come riporta StartupItalia, l’obiettivo è incoraggiare il personale a stabilire dei limiti per un più sano equilibrio tra lavoro e vita privata.
Ngozi Okonjo-Iweala, direttrice dell’Organizzazione mondiale del commercio
Ngozi Okonjo-Iweala, ex ministra delle Finanze della Nigeria e già numero due della Banca Mondiale, è la prima donna e la prima africana a ricoprire la carica di direttore generale dell’Organizzazione mondiale del commercio, eletta a febbraio 2021 e in carica dall’1 marzo. Il suo mandato scadrà nel 2025. Doppia cittadinanza nigeriana e americana, laurea ad Harvard, dottorato al Mit, 10 lauree honoris causa, 25 anni di esperienza alla Banca mondiale e 7 anni come ministro delle Finanze in Nigeria. Da anni presiede anche Gavi, l’organizzazione internazionale che garantisce accesso e distribuzione dei vaccini nei paesi in via di sviluppo. Ha già chiarito che con lei le cose al Wto cambieranno e con le sue prime parole da direttore generale ha ribadito la necessità di garantire a tutti l’accesso ai vaccini e alle cure contro il Covid-19.
“Dobbiamo rompere il tetto di cristallo sulle nostre teste. A noi donne i ruoli di leadership vengono riconosciuti solo quando le cose vanno molto male”
Queste le parole di Ngozi Okonjo-Iweala in un’intervista al The Guardian.
Kamala Harris – 49° Vicepresidente degli Stati Uniti d’America
Il curriculum di Kamala Harris è talmente fitto che leggendo la pagina a lei dedicata su Wikipedia viene facile pensare: ma quando avrà trovato il tempo anche per mangiare e dormire? La quantità di iniziative e attività che ha messo in moto nei suoi trent’anni di carriera è innumerevole: contro violenze e abusi sessuali e contro organizzazioni criminali internazionali in primis, ma ha attivato anche riforme nell’ambito della polizia giudiziaria, con l’introduzione di nuove norme e metodi di lavoro, più iniziative a favore dell’ambiente, dei diritti LGBTQ+, del diritto di riservatezza e dei diritti dei consumatori contro truffe e sprechi. Una carriera focalizzata a riformare la giustizia penale negli Stati Uniti, proteggendo le fasce più deboli della popolazione. Una passione per i diritti civili ereditata dalla madre e dai nonni, attivisti politici che per tutta la loro vita si sono battuti per migliorare le condizioni di vita delle donne e delle minoranze. È questa sua passione tramandata, insieme a una forza e caparbietà fuori dal comune, che l’hanno spinta e aiutata, così, a infrangere numerosi “soffitti di cristallo”: prima donna a rivestire il ruolo di procuratore distrettuale di San Francisco; prima donna della California ad essere eletta al Senato USA; e la prima donna Vicepresidente degli Stati Uniti d’America – oltretutto di origine indo-giamaicana.
E con il suo discorso tenuto il giorno della vittoria sua e di Joe Biden alla corsa per la Casa Bianca ha voluto ribadire quanto sia importante l’eredità che riceviamo da chi prima di noi si è battuto.
Un elogio a tutti gli uomini e, soprattutto, tutte le donne che hanno marciato, lavorato e lottato per l’equità, la libertà e la giustizia. I muri che vengono abbattuti oggi faranno sì che domani il mondo sia migliore e noi tutti abbiamo il dovere di lavorare affinché questo avvenga, per le future generazioni.
“Sebbene io sia la prima donna a ricoprire questo incarico, non sarò l’ultima. Penso a intere generazioni di donne che hanno battuto la strada per questo preciso momento”.
Queste tre donne, insieme a molte altre, stanno riscrivendo la storia, abbattendo muri e superando barriere che un tempo erano inimmaginabili. E quanto è bello percepire che il loro esempio è “contagioso”. Dai loro successi derivano e deriveranno nuovi successi simili.
È “l’effetto palla di neve”, termine utilizzato in diversi ambiti, dall’economia alla psicologia, passando per il cinema: si parte da un’azione o un’idea piccole, che sembrano quasi irrilevanti, o comunque senza grandi conseguenze, ma man mano che si va avanti portano a creare interesse e nuove situazioni, sempre più “grosse” e importanti: così queste donne stanno piano piano aiutando altre donne a elevarsi, a far sentire la propria voce, a farsi spazio. È lo stesso concetto di “goccia dopo goccia”… possiamo riempirci un secchio o un mare intero, a noi la scelta.
Dopo un anno come quello che abbiamo appena vissuto, in cui la parità di genere ha subito un contraccolpo così forte, solo con la collaborazione di tutte e tutti riusciremo a recuperare il terreno perso e a conquistarne di nuovi, permettendo di realizzare finalmente una società più equa.