Scritto da Francesca Panaia
“THE TORTURED POETS DEPARTMENT” un messaggio per tutte le donne, che va oltre il cliché della “break-up song”
Swiftie o non-Swiftie questo non è il dilemma.
Proprio così.
Che tu sia fan (swiftie, per l’appunto), o che tu non lo sia, non basterebbe vivere su Marte per essere rimast* illesi* dal fenomeno musicale Taylor Swift e dal suo nuovo album “The Tortured Poets Department”, ormai campione d’incassi e record- breaker internazionale, uscito il 19 di Aprile.
Attesissimo da milioni di fan, così come dalla critica, sempre pronta a passare al setaccio il successo dell’ormai iconica “Blondie”, l’ultimo lavoro della Swift ha destato particolare curiosità, supportata inoltre dalla concomitanza degli alti e bassi della sua vita sentimentale.
Famosa per i suoi testi pungenti, le storie personali ma allo stesso tempo comuni, in cui i dettagli e le metafore si mischiano per creare mondi che rappresentano un posto sicuro per milioni di fan di ogni Paese, con il suo ultimo album, ci regala 31 nuovi brani.
Ebbene, trentuno nuove canzoni che abbiamo divorato in un primo ascolto come “barrette di cioccolata”, per riprendere una citazione di Miss Swift, e che lasciano spazio ad un primo giudizio che non può che associare per l’ennesima volta al suo lavoro l’etichetta del break-up album.
Da sempre criticata per focalizzare gran parte della sua musica, così come il suo intero personaggio, intorno a sfortunate storie d’amore trasformate in fortunatissime hit (accuse spesso ridondanti e a limite dell’ingiusto, se si paragona la sua discografia a quella dei colleghi Ed Sheeran o Bruno Mars, solo per citarne alcuni, che fanno delle loro pene d’amore delle hit di successo internazionale) Taylor Swift scala le classifiche di ogni piattaforma musicale raccontando, in ben due album, la fine della sua relazione con lo storico fidanzato.
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Ma è ancora una volta solo di questo che si parla?
A quasi tre mesi dalla release mondiale dell’undicesimo album, e numerosi ascolti dopo, possiamo davvero confermare di aver compreso pienamente il messaggio di questo nuovo album?
The “Tortured Poets Department”, o TTPD, affronta quella che, fin dall’annuncio, aveva tutta l’aria dell’ennesima rottura amorosa in versi e musica firmata TS. Una rottura dolorosa, struggente e alla quale si arriva sempre impreparat* ma che, ad un orecchio più attento, prende la forma di un viaggio: un percorso nelle emozioni, sul modello di Elisabeth Kübler-Ross.
Nasce dal dolore (“I love you it’s ruining my life…”), passa per lo sconforto ( “you’re the loss of my life”) mimando una vera e propria morte (“hereby we conduct this post-mortem…”) e si trasforma in rabbia (“whether I’m gonna be your wife or gonna smash up your bike. I haven’t decided yet…”), per poi proseguire verso un forte senso di reazione o responsabilità che costringe ad indossare una maschera con la stampa di un sorriso grande abbastanza da nascondere un “broken heart”, per atterrare infine su una bandiera bianca: quella dell’accettazione e del superamento (“I’m not the one… I’ll find someone”).
La capacità di descrivere emozioni nelle quali tutt* possono rivedere una piccola parte di sé, per poi lasciarsi andare ad un flusso liberatorio in grado di sfogare e guarire dall’amaro che può lasciare la delusione per la fine di una relazione sentimentale, così come di un’amicizia o, di una relazione professionale con quello che si credeva essere il lavoro dei sogni – ebbene, magari lo stesso lavoro che si era faticato tanto per ottenere e per il quale si erano spesso fatte le ore piccole a scapito della propria vita personale, ma anche un qualsiasi altro insuccesso o obiettivo non raggiunto, è la vera forza di quest’album.
La perdita, di qualsiasi genere si tratti, produce sentimenti di tristezza e frustrazione: sentimenti difficili ma non fini a se stessi, anzi necessari alla guarigione e, spesso, addirittura fondamentali al raggiungimento di relazioni o obiettivi più importanti.
Diventa quindi non solo necessario imparare a lasciarsi andare e processare il distacco, ma si tratta di un vero e proprio atto d’amore verso se stess*. Perché ciò che ci piace, o che crediamo di amare, non è sempre compatibile con la versione attuale di noi, quindi sarebbe inutile forzare la mano.
L’album della giovane, bella, bionda e sempre sul banco di prova cantante americana, tratta quindi solo dell’ennesimo break-up?
“The Tortured Poets Department” è a tutti gli effetti un break-up album ma porta con sé una prospettiva differente. Distaccandosi dalla visione cliché di questa etichetta, si trasforma in una presa di coscienza che ha come principale obiettivo quello di guarire dalla rottura – una rottura che va oltre la separazione da persone o cose – e analizza la separazione da quella piccola parte di noi stess*.
Dietro i tanto discussi titoli sdolcinati, il messaggio che si nasconde è quello della necessità di imparare a liberarsi di tutto ciò che è tossico e rimpiazzarlo con ciò che può dare energia positiva, senza nasconderne le difficoltà o le forzature imposte dalla società verso la sofferenza decantata dalla sfera femminile. La stessa società che, immutabilmente, continua a criticare e a considerare le sue sofferenze eccessive, costringendo a soffocarle con il senso del dovere (“...lights camera and smile, even when you wanna d*e!”) o a doverle addirittura calendarizzare in momenti di solitudine.
Sicuramente sono ancora molti i passi necessari in questa direzione ma iniziare a riconoscere le nostre emozioni, accettarle e apprezzarle per dare spazio alla futura versione di noi, è un buon punto di partenza. Quindi, che sia un bel pianto liberatorio, un’uscita tra amiche, un viaggio in Florida o una reazione come scrivere ben trentuno nuovi pezzi inediti, l’importante è affrontare il processo e imparare a lasciar andare per lasciare spazio al nuovo e a ciò che è più giusto per noi (“when I count the stars there’s a moment of true, there wouldn’t be this, if it hadn’t be you”).